Capo basilare del guardaroba femminile è, nella prima metà del secolo la GAMURRA (a Firenze chiamata CAMORA , mentre nel settentrione ZUPA). Questa viene portata a inizio secolo abitualmente semplice, in stoffa di lana, sfoderata per il ceto medio, la cui severità è interrotta da tagli allo scollo e alle maniche, lasciando intravedere il lino candido della camicia sottostante. Le maniche lunghe strette e spesso di stoffe e colori contrastanti, sono quasi sempre staccate e allacciate alla veste con AGHETTI o nastri.
Questo è vero soprattutto quando, nella seconda metà del secolo, la moda di far vedere la camicia sottostante dagli spacchi della manica induce a portare la gamurra senza sopravveste, prendendo il nome di VESTE.
Per uscire di casa alla gamurra si accompagna la CIOPPA (PELLANDA in Italia settentrionale), sopravveste maestosa e fluente che conserva la linea trecentesca nell’aderire garbatamente al seno per poi ampliarsi a “ventaglio” nello strascico segnando alta la vita. Le maniche sono lunghe e strette a differenza dell’Italia settentrionale in cui si aprono lunghe e ampissime, foderate come il resto della foggia in stoffa di seta o pelliccia (di ermellino, vaio, martora o scoiattolo) a seconda della stagione, lasciando gli orli a vista. Talvolta l’ampiezza della stoffa sotto al seno viene raccolta in pieghe piatte o cannoncini, donando così ricchezza all’abito.
La coppa, oltre ad essere considerata il capo d’abbigliamento di maggiore importanza (perché elencata per prima fra le vesti negli inventari dei corredi) è la sopravveste così comune in Toscana che una legge fiorentina del 1464 consente alle serve, schiave e balie di portare “una cioppolina nera” rischiarata da collaretti o maneghetti di lino o cotone bianchi.
La linea rigida di questo indumento è ammorbidita dal gesto di rialzarla sul davanti con uno, o spesso con tutte e due le mani, increspandola e facendola sbuffare sul grembo in modo che si riveli la fodera o pelliccia di colore contrastante, mettendo in vista la gamurra sottostante, talvolta di ricca stoffa damascata o guarnita di balze e ricami.
CIOPPA e GAMURRA costituiscono il binomio fondamentale del vestiario femminile invernale.
Quando si va verso l’estate, l’abbigliamento muta e si basa su un altro binomio: COTTA e GIORNEA, confermato dalle leggi fiorentine del ‘456 e ‘464 che le nominano entrambe “ le cotte ed altri vestiti per di sotto”.
Tra le vesti femminili la COTTA spicca per l’eleganza dei tessuti e le file di bottoni o magliette in oro e argento e nastri che tutta la chiudono. Nella linea la cotta è assai più aderente al corpo rispetto alla giornea e alla coppa, mentre le maniche, talvolta ricamate e spesso di colore e stoffa differente, sono, come nella gamurra alleggerite da tagli che lasciano uscire a piccoli sbuffi la camicia. Nelle giornate estive più calde la cotta viene portata singolarmente ma è consuetudine (almeno per uscire di casa) abbinarla alla GIORNEA, sopravveste assai simile alla guarnacca trecentesca, aperta davanti e sui fianchi con manica staccata o sprovvista di quest’ultima. Talvolta viene foderata di pelliccia diventando così un capo invernale.
P. della Francesca, LA REGINA DI SABA E LE SUE ANCELLE, part. Della storia della vera croce, 1425 – 1466, chiesa di S. Francesco – Arezzo esempi di giornee: quella bianca e rosa, portate sopra a semplici cotte di colore contrastante D. Ghirlandaio, NASCITA DELLA VERGINE, part. 1485 -90, chiesa S. Maria Novella – Firenze esempio di mantello azzurro portato sopra alla cotta marrone
Come nel ‘300, sulla veste e sopravveste le donne anziane continuano a portare il MANTELLO, che con tutte le sue ampie pieghe tutto ricopre. Esso appare scuro, in tinta unita, talvolta con risvolti di velluto o pelliccia. Le vedove lo portano rialzato sul capo. Per le giovani donne invece è usanza portare mantelline assai più corte e sfarzose chiamate SBERNIE. Le TURCHE sono mantelle ampie e lunghe di origine orientale e si indossano a letto, nei mesi invernali per ripararsi dal freddo.
Complementi di vestiario femminile
Svariati sono gli accessori che arricchiscono le sontuose vesti a cui le nobildonne malvolentieri rinunciano; tra questi ricordiamo l’AGORAIO, le BORSE, i GUANTI e gli OROLOGI (a meridiana, a molla e bilanciere) oltre agli innumerevoli GIOIELLI, BOTTONI, SPILLE che adornavano scolli, maniche, cinture e acconciature.
Sotto alla cotta o alla gamurra è documentato l’uso di lunghe CALZE SOLATE o meno, solitamente di colore rosso, paonazzo o bianche. Non sovraccariche di ornamenti come quelle maschili, ma per questo non meno eleganti per l’aderenza del tessuto alla gamba, quest’ultime vengono sorrette e tenute tirate da giarrettiere (CORREGGINI), probabilmente a forma di strisce di tessuto allacciate alla vita.
Le donne più abbienti, sopra alle calze portano scarpette o CALIGAE in suola di cuoio e tomaia di tessuto, che modellano fedelmente la forma del piede. Più diffuse sono le PIANELLE e i CALCAGNINI che a differenza delle scarpe non ricoprono il calcagno e sono tenute al piede da strisce di cuoio o velluto e si distinguono per le suole rialzate in sughero (in Toscana si trovano le più alte, le suole potevano arrivare fino a 10 cm di spessore) con lo scopo di riparare le vesti dal fango e dalla sporcizia.